Qualsiasi forma di dipendenza è il sintomo di problemi più profondi, un vuoto che si cerca di colmare con la quantità, con una compulsione che spesso viene scambiata per la soluzione
Tablet e smartphone, al contrario dei pc tradizionali e delle console per videogiochi, consentono di stare in rete in ogni momento e ovunque, e proprio per questo risulta difficile tracciare i confini tra uso, abuso e dipendenza.
L'espressione IAD, Internet Addiction Disorder, viene introdotta nel 1995 dal Dottor Ivan Goldberg per riferirsi ad una dipendenza patologica, ovvero ad una ricerca reiterata di una forma di piacere che crea dipendenza. In Italia si è iniziato a parlare di dipendenza da Internet nel 1997 ed è stata definita come una patologia che rientra nello spettro delle nuove dipendenze (come lo shopping compulsivo, dipendenza da persone, gioco d'azzardo, sesso, ecc.), ovvero dipendenze senza l'uso di sostanze. Essa comprende:
I soggetti a rischio di videodipendenza presentano solitamente problemi psicologici preesistenti alla rete-dipendenza, come ad esempio solitudine, insoddisfazione nelle relazioni, stress, insicurezza, ansia, depressione, isolamento sociale, ecc..
La rete diventa così un mezzo tramite il quale si manifesta un disagio a monte. Come ogni dipendenza, nella videodipendenza si presentano tolleranza (aumento significativo del tempo trascorso in Internet per ottenere gratificazione), astinenza (caratterizzata da agitazione psicomotoria, ansia, pensieri ossessivi su cosa sta succedendo in Internet) e craving o smania (accesso ad Internet sempre più frequente o per periodi di tempo più prolungati rispetto all'intenzione iniziale, desiderio o sforzo infruttuoso di interrompere o tenere sotto controllo l'uso di Internet, dispendio della maggior parte del proprio tempo in attività correlate all'uso di Internet).
A tutto ciò si accompagnano sintomi quali:
Inoltre, i soggetti Internet-dipendenti, oltre a non percepire l'ammontare di ore già trascorse davanti al monitor, tendono ad adirarsi facilmente con chi li distoglie dal loro “viaggio”.
Chi fa un uso eccessivo di Internet, spesso, cerca di soddisfare, sul piano virtuale, quello che non riesce ad ottenere sul piano della realtà, in quanto il mondo reale è percepito come un vero e proprio impedimento all'esercizio della propria onnipotenza.
Internet risponde (o illude di rispondere) a diversi bisogni umani: le chat abbattono le frontiere spazio-temporali e consentono di comunicare con gruppi numerosi in stanze che la realtà fisica difficilmente rende disponibili; le community più stabili creano senso di appartenenza; nella dimensione virtuale si può sperimentare la propria identità in tutte le sue sfumature, cambiando l'età, la professione e persino il sesso, in quanto non esponendosi fisicamente, ci si può celare dietro una maschera e perciò sentirsi protetti.
Tuttavia, nel tentativo di soddisfare i bisogni più profondi e inconsapevoli si sperimentano anche parti di Sé che potrebbero sfuggire al controllo, soprattutto a causa dell'utilizzo di uno strumento di comunicazione che consente di rimanere senza volto. Il rischio è anche che si crei confusione tra ciò che è reale e ciò che è virtuale, con conseguenti problemi di identità, di depersonalizzazione e dissociazione.
Come ha sottolineato il filosofo Jean Baudrillard, con il virtuale non ci si confronta, perchè nel virtuale ci si immerge, ci si tuffa dentro: lo schermo diventa un luogo interattivo e non c'è più distinzione tra soggetto e oggetto, in quanto anche essi diventano interattivi.
Quando un ragazzo muove il joystick, mentre sta giocando un gioco in prima persona, muove qualcuno che non è completamente altro da Sé e vede come se guardasse con i propri occhi: come se fosse dentro ad un'altra persona e decidesse al posto suo cosa fare e dove andare.
A questo punto viene da chiedersi: chi sono Io in questo momento? Colui che si trova di qua o di la dallo schermo? Così, anche se in rete il corpo fisico non esiste, si ha l'impressione di essere lì senza esserci veramente.
E' per questo che una connessione prolungata può incrementare il distacco non solo dall'esperienza quotidiana ma anche dai segnali sensoriali che il nostro corpo ci manda: ci sono persone che hanno smesso di mangiare per giorni interi non avendo percepito nessuna sensazione legata alla fame; ragazzi che si sono disidratati e sono morti di arresto cardiaco a causa di interminabili connessioni in rete che non concedevano nemmeno una pausa per bere.
In conclusione, la videodipendenza e la dipendenza da Internet, come ogni altra forma di dipendenza, sono la manifestazione di un disagio ben più e profondo dell'individuo e lo scopo dell'analisi consiste nel portare alla luce i fattori che hanno spinto la persona a sviluppare proprio quel sintomo.
In questo modo, elaborando tali complessi, sarà possibile accompagnare il soggetto verso la libertà dalla videodipendenza, per tornare a vivere in un mondo che non è più solo quello che si trova al di là dello schermo.